
Istat: 6 milioni e 20 mila italiani vivono al di sotto della soglia di povertà assoluta
Sono 6 milioni e 20mila gli italiani che secondo gli ultimi dati Istat vivono in una condizione di povertà assoluta. Si tratta di una persona su dieci, circa il triplo di quanto accadeva nel 2005. Sono aumentati anche i minori in stato di povertà assoluta, che per l’Istat sono il 13,8 per cento del totale. L’Istat valuta la soglia di povertà assoluta in base ad un complesso calcolo sul paniere della spesa minima necessaria alla sopravvivenza (alimenti, beni di prima necessità, visite mediche), alla composizione del nucleo familiare e all’area di residenza: tale calcolo, equiparato con precisi standard internazionali. Per esempio la soglia minima oscilla dagli 820 euro al mese di un single di un’area metropolitana del Nord ai 546 euro di un single in un piccolo comune del Meridione, o dai 1400 euro al mese per una famiglia di quattro persone in una metropoli del Nord ai mille euro per un’analoga famiglia di un piccolo centro del Sud. La povertà assoluta è calcolata per chi vive con risorse del 20 per cento minori a tali parametri.
POVERTA’ ASSOLUTA. Nel 2013, in base a questi criteri sono risultate in condizione di povertà assoluta 2 milioni e 28 mila famiglia (pari appunto agli oltre 6 milioni di individui), cioé il 7,9 per cento delle famiglie residenti. Tre milioni e 72 mila persone di queste risiedono nel Mezzogiorno (nel 2012 erano 2 milioni 347 mila), e 1 milione 434 mila sono minori, e 888 mila sono anziani. La condizione di povertà assoluta continua ad aumentare significativamente dal 2011 tra le famiglie con tre, quattro o cinque figli (e sotto le soglie di 1.691-1.226 euro al mese). Nel caso di famiglie con tre figli l’incidenza è salita all’8,3 per cento dei residenti, con 4 figli all’11,8 per cento, e con 5 figli al 22,1 per cento. Si diffonde la povertà assoluta però anche tra le coppie con un figlio, con un’incidenza del 7,5 per cento, e con due figli (incidenza del 10,9 per cento).
SITUAZIONE DIFFUSA TRA OPERAI. Circa 1 milione 996mila persone sotto la soglia di povertà assoluta vivono in nuclei dove il capofamiglia svolge la professione operaia (l’incidenza è salita al 14,7 per cento), altre 1 milione e 39 mila persone vivono in nuclei con a capo una persona disoccupata (l’incidenza è arrivata al 34,4 per cento). L’incidenza della povertà aumenta nei nuclei con capofamiglia poco o mediamente istruita (nell’11,1 per cento dei casi di persona con licenza media inferiore, nel 10 per cento dei casi di persone con al massimo la licenza elementare): tale situazione si associa spesso ad un basso profilo professionale (11,8 per cento) o alla difficoltà di entrare o permanere nel mercato del lavoro (dal 23,6 al 28 per cento).
POVERTA’ RELATIVA. L’Istat calcola annualmente anche una soglia sotto la quale si può parlare di povertà relativa: nel 2013, per una famiglia di due componenti tale soglia è risultata di 972,52 euro al mese, e i nuclei di due persone che hanno una spesa mensile pari o inferiore vengono classificate come povere. Per l’anno scorso l’Istat stima che l’incidenza della povertà relativa sia pari al 12,6 per cento, corrispondente a 3 milioni e 420 mila famiglie, per un totale di 10 milioni e 48 mila individui (il 16,6 per cento della popolazione). L’incidenza della povertà relativa è del 6 per cento al Nord, al 7,5 per cento al Centro, e al 26 per cento nel Mezzogiorno. Tale soglia si è diffusa tra le famiglie con quattro componenti (passando dal 18 al 21,7 per cento): l’aumento della povertà relativa si diffonde di più anche al Nord, dove peggiora la condizione delle coppie con tre o più figli, dove l’incidenza della povertà relativa arriva al 21,9 per cento.
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