
Il 20 per cento dei manager di Rolls-Royce ha iniziato la carriera con un contratto di apprendistato
Poco dopo la pubblicazione dei dati Istat sulla disoccupazione giovanile la Nuvola del Lavoro ha pubblicato un’intervista a Pietro Antonio Varesi, presidente dell’Isfol, continuando il trend, in voga sui quotidiani italiani (cfr., tra gli ultimi, Il Sole 24 Ore, 30 settembre 2013, p. 2-3), dell’attribuire colpe e responsabilità per il mancato decollo dell’apprendistato. I media divengono così spesso meri collettori di critiche – per lo più sterili o infondate – mentre invece potrebbero rivestire un ruolo promozional-divulgativo per tentare di migliorare la percezione generale dell’apprendistato (cfr. F. Nespoli, “Apprendista sarà lei”. La comunicazione inefficace di una buona opportunità, in Bolletino Adapt n. 31/2013).
La bassa diffusione dell’apprendistato affligge anche il Regno Unito, lì però il The Guardian, oltre a dedicargli una web page, organizza settimanalmente delle tavole rotonde volte a diffondere la conoscenza dell’istituto e a farne emergere gli aspetti positivi – spesso anche tramite le testimonianze degli apprendisti stessi – pubblicandone poi, sul quotidiano, i passaggi cruciali (cfr., tra gli ultimi, Can the UK master apprenticeships?, in The Guardian, 24 settembre 2013, p. 39 e Learning to value apprenticeships, in The Guardian, 01 ottobre 2013, p. 40). A tali eventi sono invitati politici, accademici e imprenditori per dibattere su come si potrebbe migliorare l’apprendistato, partendo tuttavia dal presupposto che il miglior modo per far decollare l’istituto non è cambiarne la normativa, ma è portarlo a conoscenza dei giovani, delle famiglie, degli insegnanti, oltre che degli imprenditori.
Negli articoli sono presenti numeri ed informazioni che contribuiscono a migliorare l’aspetto dell’apprendistato, quali ad esempio i risultati di una ricerca che afferma che chi ha svolto un apprendistato guadagnerà, nel corso della carriera, £150.000 (177.179 €) in più rispetto ai propri colleghi che non l’hanno svolto, o che, secondo il National Audit Office, per ogni £1 (1,18 €) speso dal governo per lo sviluppo dell’apprendistato, i privati investono £18 (21,26 €) nell’economia o, ancora, che il 20% dei manager di Rolls-Royce ha iniziato la propria carriera con tale contratto.
Le tavole rotonde e gli esperti ci sono anche in Italia, da noi però manca chi le porta a conoscenza anche di quel lettore che, lontano dal diritto del lavoro, si trova a sfogliare distrattamente un giornale sgualcito, abbandonato su un sedile della metro. Quel lettore forse potrebbe essere interessato a conoscere meglio l’apprendistato, per valutare una offerta di lavoro o per consigliarlo ad un amico, ad un figlio o ad un alunno, tuttavia fino a quando i maggiori quotidiani nazionali si preoccuperanno di dare spazio solo alle richieste di adeguamenti normativi, tralasciando la funzione promozional-divulgativa, rimarrà nello scetticismo, tipico di ciò che non si conosce.
Il The Guardian non fa nulla di eccezionale, ma almeno tenta di contribuire a migliorare la reputazione dell’apprendistato, peraltro senza secondi fini politici poiché è indipendente, semmai leggermente Labour, e l’attuale governo è costituito da una coalizione Tory / Lib Dem.
Se l’apprendistato non è decollato è colpa di tutti, l’importante è prodigarsi, ognuno nel proprio ruolo, per trovare una soluzione.
Gabriele Gamberini
(Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro Adapt-Cqia, Università degli Studi di Bergamo)
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