
I cattoNoTav della Val di Susa intonano il “Magnificat della liberazione” (sì, l’hanno fatto veramente)
Sarà il caldo, vien da dire. Non che d’inverno, però, qui le cose vadano meglio. La Val di Susa No Tav, in questi giorni d’agosto, non si è fatta mancare nulla. In un’estate che segna un pesante meno in quanto a presenze turistiche, il “turismo della protesta” ha tirato forte. E, oltre al ben noto campeggio, da cui non si è mancato di partire per qualche incursione contro il cantiere, Chiomonte è stata meta privilegiata per le più varie sfumature dell’arcobaleno protestatario. Con esiti, in più di un caso, ci sia concesso, surreali.
Si inizia con la ong Servizio Civile internazionale, che in agosto, fino al 26, ha organizzato un campo di lavoro in Valle. Secondo la sua portavoce Sara Brivio, 30 anni, milanese: «Qui è come nei territori oppressi dall’occupazione militare israeliana: esercito, filo spinato, posti di blocco ovunque. E diritti calpestati. Siamo a Chiomonte per testimoniare la nostra solidarietà al movimento No Tav e lottare pacificamente al suo fianco». Niente popò di meno. Chiamali, se vuoi, riflessi pavloviani. La Val di Susa zona di guerra come la Palestina? «Fatte le debite proporzioni, ci sono forti analogie, inutile negarlo: contadini costretti a esibire i documenti ai checkpoint per accedere ai campi da lavorare; case e terreni espropriati perché nell’area dichiarata “di interesse strategico”; la polizia spara gli stessi lacrimogeni usati dall’esercito israeliano», spiega Stefania Pizzolla, da sei anni presidentessa della sezione italiana del Servizio civile internazionale.
E per chi, come il giornalista della Stampa Roberto Travan, evoca il lancio di pietre e gli assalti alle rete, la risposta è bella pronta. «Non ho visto, quindi non posso giudicare. Si tratta in ogni caso di gesti simbolici comprensibili. Perché quel cantiere è stato imposto con arroganza e senza alcuna necessità: l’assalto alle reti è giusto perché esprime solo la rabbia per le ingiustizie subite». L’omertà ai tempi della rivoluzione.
Potevano mancare in questo scenario i cattoNoTav? Certo che no. E a Chiomonte salgono, applaudite star, gli attivisti del Collettivo Giovani di Pax Christi Italia. Sì, proprio Collettivo (e sai che botta di giovanilismo, siamo a terminologia più o meno degli anni ’70!). Al termine del loro soggiorno, dal 10 al 16 agosto, scrivono: «Solo ora capiamo. Solo qui nella cattedrale naturale del bosco di Chiomonte, quando gli accordi delle nostre chitarre si intonano alle mille voci della gente della Val Susa che resiste, comprendiamo cosa significa cantare il Magnificat della liberazione. Stiamo celebrando con tutta la Chiesa la liturgia del sogno di Dio che attraverso una piccola donna del popolo, Maria, ha vinto quello che l’Apocalisse definisce come un combattimento contro ogni potere che schiaccia e umilia gli uomini».
Casomai si fossero avuti dubbi sull’utilità dell’Anno della Fede fortemente voluto da Benedetto XVI, scompaiono tutti all’istante. Un ripasso dei fondamentali è urgente! Secondo i giovani dontoninobellisti, «anche la Chiesa ha fatto di tutto per instillarci l’idea che la fede non c’entra nulla con il Tav… ma il cristiano che guarda a Maria non può essere complice delle ingiustizie del mondo, né ridursi a renderle omaggi e preghiere, ma deve parteggiare per il Dio dei poveri e impegnarsi in un amore “politico” verso di essi, onde contribuire alla liberazione del mondo da ogni ingiustizia (…) non possiamo astenerci dal far eco al canto di Maria che, piena di stupore, vede che Dio “ha rovesciato i potenti dai troni”, e quando le nostre chitarre avranno eseguito il canto finale, inizierà per noi il tempo di un nuovo impegno politico, dagli accordi eversivi». Ed ecco, se si canta male, si capisce male.
Il top si è raggiunto sabato scorso. Per eseguire i lavori, infatti, è stato spostato il pilone eretto in Val Clarea ed il movimento è stato convocato per una “fiaccolata riparatoria”. E pensare che i “cattolici progressisti” vomitavano astio sui rosari di fronte alle cliniche dell’aborto, e a noi – schiocchi – non si capiva il loro amore per la pietà popolare! Nello stesso giorno centinaia di persone che sui loro profili di Facebook e sui loro siti hanno espresso solidarietà alle Pussy Riots (che i crocifissi li abbattono con le motoseghe) hanno marciato per «un pubblico atto di riparazione per lo spostamento del pilone votivo in Clarea, spostamento non consono e non rispettoso ne dei Santi e neppure di coloro che lo avevano eretto nel maggio del 2011 come segno di protezione e di speranza». Eggià, tutto fa brodo!
Il direttore di questo giornale scrisse di “reality della protesta”. In agosto, come nelle peggiori tv, gran infornata di repliche.
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4 commenti
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Finalmente la voce della ragione sta diffondendo la triste novella: sta dilagando più che un eresia in Val di Susa!
Dall’interpretazione fallace e capziosa delle parole alle parole del Papa, si arrivano anche a giustificare atti di violenza e d’illegalità!
La situazione di alcuni gruppi di fedeli nella nostra valle è più grave di quanto sembri; non ci resta che appellarci alla Divina Provvidenza per il perdono dei peccati ed a coraggiosi giornalisti per la diffusione delle notizie…
…e ai magistrati e prefetto per vedere riempita qualche cella in più! 😉
chissà perché le grandi opere sono inutili, perché lo definiscono i notav o tossani .
Si continua a dire che il traffico su strada va ridotto va spostato su rotaia, quando ci si prova troviamo quelli che dicono che va già bene quello che c’è che già si movimenta oggi, ma il progetto vale per molti di piiù.
Ho provato il TGV per andare a parigi più volte e i tratto torino lione è penoso si accumula sempre almeno tre quarti d’ora di ritardo che vengono recuperati nel tratto ad alta velocità lione parigi.
Le opere servono e noi dobbiamo sprecare altri soldi per pagare un presidio di cantiere che permetta al personale di lavorare. sono costi che addebiterei ai no tav e loro sostenitori
vic
Sono inutili perché lo dicono studi seri condotti da docenti universitari non legati agli interessi di chi vuole guadagnarci costruendo quest’opera. Basta cercare e documentarsi in maniera critica.
Tra l’altro sarebbe bene capire una volta per tutte se questa TAV serva a portare persone o merci, perché le caratteristiche necessarie per le due tipologie di trasporto sono diverse. Un giorno serve a dimezzare il tempo di viaggio da Milano a Parigi, due giorni dopo a ridurre il trasporto su gomma. A seconda di come gira il tempo?
Marco L. ha capito alcune delle motivazioni essenziali che ispirano i TavSì. Non conosco questo Marco Margrita, ma mi sembra che scriva con il Ciellino-linguaggio. D’altronde bisogna sopportarlo, come bisogna soportare chi usa un termine sessantottino.