
«Gesù non fece sondaggi quando propose il perdono dei nemici, il matrimonio indissolubile, l’eucarestia e la croce»

Monsignor Livio Melina (foto sotto a destra) è il preside di uno dei più autorevoli think tank vaticani. Il “Pontificio istituto Giovanni Paolo II per gli studi su matrimonio e famiglia”. Istituto che ha “casa madre” a Roma e undici sedi nel mondo. Fondato nel 1981 dallo stesso san Giovanni Paolo II – «il Papa della famiglia» come lo ha definito il suo successore Francesco – prima di Melina (in carica dal 2006) al vertice di quella che è certamente la più tipica delle creature wojtyliane, si sono avvicendati Carlo Caffarra, attuale arcivescovo e cardinale di Bologna, e Angelo Scola, arcivescovo e cardinale di Milano. Sessantadue anni, sacerdote originario di Adria, oltre che dirigere il “Giovanni Paolo II”, Melina insegna teologia morale ed è visiting professor a Washington D.C. e Melbourne. Direttore scientifico della rivista Anthropotes, autore prolifico, membro e consultore di diverse accademie vaticane (Pontificia Accademia di Teologia, Pontificio Consiglio per la famiglia e Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari), collaboratore di storiche riviste teologiche (Révue Théologique des Bernardins e Communio), Melina è anche corrispondente dell’Académie d’Education et d’Etudes Sociales di Parigi.
A detta del cardinale di Milano Angelo Scola, il contesto storico attuale è caratterizzato da un «erotismo pervasivo». È la conseguenza della cosiddetta “rivoluzione sessuale”?
La rivoluzione sessuale si può definire come una serie di rotture del contesto naturale e culturale in cui l’esperienza dell’amore umano era vissuta nella tradizione cattolica: rottura del nesso tra sessualità e matrimonio (con una sessualità extraconiugale); rottura del nesso tra sessualità e procreazione (mediante la contraccezione e la riproduzione artificiale), rottura del nesso tra sessualità e amore (con una sessualità “liquida”). In tal modo il sesso è diventato una mina vagante e onnipresente, che invade lo scenario dell’esistenza attuale con la forza di un’autoevidenza che si impone. Mi ricordo che don Giussani una volta disse che per distruggere la mentalità cristiana del popolo, nell’immediato Dopoguerra i comunisti avevano cominciato a diffondere la pornografia, ricattando così l’uomo nel suo punto più debole. Negli anni Sessanta Marcuse segnalò lo stesso fenomeno di strumentalizzazione dell’eros nella società consumistica avanzata, che vuole “l’uomo a una dimensione”…
In effetti grava un forte pregiudizio puritano sul cristianesimo: si identifica infatti il cristianesimo con la morale, la morale con un sistema di proibizioni, e si pensa che queste proibizioni si diano soprattutto nell’ambito sessuale, così che alla fine di questa serie di false equazioni il cristianesimo è equiparato alla repressione sessuale. Come acutamente rilevò papa Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est: grava sul cristianesimo l’accusa nietzschiana di aver avvelenato l’esperienza più bella e attraente della vita. Entra qui poi una specie di complesso di colpa dei chierici, ulteriormente accentuato dai deplorevoli scandali di pedofilia. Così alla fine non solo alla Chiesa è intimato il silenzio su questo tema, ma anche nella Chiesa si finisce col pensare che sia meglio tacerne per non ostacolare l’evangelizzazione. E così il tema culturalmente più imponente, educativamente più decisivo, viene abbandonato alla mentalità mondana che pervade anche i fedeli, che quando ragionano di queste cose esprimono ormai non più un sensus fidelium teologicamente significativo, ma la mentalità mondana da cui dovremmo tutti convertirci per aderire alla novità di Cristo, che sola ci libera. Gesù non fece sondaggi quando propose il perdono dei nemici, l’indissolubilità del matrimonio, l’eucaristia o la parola della croce: sapeva benissimo come la pensavano persino i discepoli. Disse piuttosto: «Volete andarvene anche voi?».
Dunque? Cos’è in gioco oggi?
Si dovrebbero meditare le parole di papa Ratzinger in uno dei suoi ultimi discorsi: quello del 22 dicembre 2012 per gli auguri natalizi alla curia romana. Egli disse che nelle mutazioni e deformazioni che minacciano la famiglia, con la pretesa dei cosiddetti presunti “nuovi diritti”, con la ridefinizione del matrimonio, con l’abrogazione della paternità e maternità, è in gioco niente di meno che l’identità umana: senza le relazioni costitutive che ci danno identità – figlio, padre, madre, sposo e sposa, fratello e sorella – l’uomo è solo un individuo fragile manipolabile da parte del potere. Ma la questione è anche radicalmente teologica: è in gioco cioè il linguaggio originario dell’umano, di cui si è servito Dio nella Rivelazione per parlarci. Che parole ci resteranno per parlare di Dio senza il lessico di queste relazioni familiari?
Tra le questioni pubbliche più dibattute vi è certamente il tema della differenza/indifferenza sessuale. Tant’è che, tentati da una certa educazione sentimentale, spesso anche i cattolici faticano a sostenere con sicurezza che il matrimonio è fra un uomo e una donna.
La differenza sessuale, che segna il corpo fin nelle fibre più intime e lo orienta a un modo specifico di relazione, rappresenta un fondamentale riferimento antropologico, con uno spiccato carattere vocazionale. È una chiamata: cioè non è solo un dato biologico casuale e neppure un fattore esaurientemente stabilito nella biologia. È invito a una risposta e a un cammino che chiede educazione per assumere la forma di un legame in cui si realizzi il dono di sé nell’amore, col carattere di esclusività, totalità e irrevocabilità di una promessa e con un’intrinseca sovrabbondanza di apertura alla vita nella procreazione. La perdita dell’idea che esista una natura umana comune non manipolabile, che ci siano legami originari che danno identità e missione alla vita (come avviene nell’ideologia del gender), rende impossibile pensare a un bene comune della società. Un conto è il rispetto dovuto a tutte le persone indipendentemente dal loro orientamento sessuale, un conto sono i diritti della famiglia autentica, base del bene comune della società. Come si può non comprendere che è la famiglia composta da uomo e donna, radicata stabilmente nel matrimonio e impegnata all’educazione dei figli che crea quel “capitale sociale” di atteggiamenti, di cultura e di virtù su cui si basa il vivere insieme? Come non capire che se questo manca si frantuma il legame sociale?
Come attestano tante risposte al questionario di preparazione al Sinodo dei vescovi sulla famiglia, su morale e concezione dell’uomo c’è grande confusione tra i fedeli. Una confusione esasperata dal bombardamento mediatico tecnologico sempre più pervasivo.
La morale gode oggi di una cattiva fama nella società e anche nella Chiesa stessa. Il discorso corrente facilmente ha come obiettivo scontato il “moralismo”. E non senza ragioni: quando si pensa alla morale come a una serie di proibizioni che limitano la libertà e pretendono di violare la coscienza, non può che risultare giustificata un’istintiva avversione. Ma è davvero questa la morale? D’altra parte, quando non si riesce a distinguere tra moralismo e autentica esperienza morale, si finisce nell’arbitrarietà del soggettivismo, nella subordinazione a ciò che stabiliscono le statistiche sull’opinione prevalente o in un nuovo più opprimente legalismo delle regole (“non fumare nei parchi pubblici”, “non diventare obesi”, “non mangiare carne di animali”, “non gettare rifiuti nei cassonetti sbagliati” …). Alla radice di questa reputazione negativa della morale sta la frattura tra la persona e le sue azioni. Le nostre azioni, come scrisse Karol Wojtyla in Persona e atto, sono espressione della nostra persona e nello stesso tempo esse ci costruiscono, sono i nostri genitori, secondo la suggestiva osservazione di san Gregorio di Nissa: infatti agendo noi non solo provochiamo cambiamenti nel mondo esteriore, ma diventiamo quello che facciamo, cambiando prima di tutto noi stessi con le nostre scelte. Chi ruba diventa un ladro e chi mente diventa un bugiardo. Noi non siamo un soggetto astratto costruito indipendentemente dal nostro agire: siamo un io-in-azione, che realizza liberamente il dono originario del suo essere attraverso le sue azioni, nelle relazioni con gli altri e in un contesto culturale che egli contribuisce a configurare. Per questo le nostre azioni hanno sempre una dimensione morale.
Ma la società plurale contemporanea è segnata dalla coesistenza di differenti visioni del mondo. Come concepire il rapporto tra morale e leggi?
È una domanda cruciale. Infatti la morale esige di fondarsi in una visione globale della vita, in un’antropologia, in una concezione dell’uomo e di Dio, mentre le leggi delle nostre società pluralistiche hanno bisogno di godere del consenso di tutti. D’altra parte mentre la morale ha come prospettiva quella del bene della persona, la legge civile mira come suo ideale alla giustizia nella convivenza tra gli uomini, che è uno scopo più limitato. L’appello alla condivisione di una serie di princìpi universali di giustizia fondati sulla ragione comune, pur essendo ancora teoreticamente argomentabile, è pragmaticamente impercorribile, stante il pluralismo e la perplessità post-moderna sulla universalità della razionalità umana. Come procedere allora? Mi pare si possa convenire con il cardinale Scola su due presupposti per una convivenza pubblica. In primo luogo occorre riconoscere che, al di là del pluralismo delle visioni, il fatto della convivenza con gli altri rappresenta un bene da preservare e da coltivare, e questo esige il rispetto per la libertà e i diritti delle persone. Non è libertà quella che pensa di poter irridere tutto, anche ciò che è sacro per l’altro. In secondo luogo, sulle tante questioni controverse, va pragmaticamente percorsa la via del dialogo aperto tra le varie identità: la chiarezza del proporre la propria visione delle cose, senza presunzione di imporre la propria visione agli altri, ma anche senza la censura di una laicità sospettosa e ostile alla religione, permette un confronto aperto nel quale poi democraticamente potrà affermarsi la soluzione concreta che riuscirà a convincere di più della propria bontà.
Di fronte al diffondersi della mentalità laicista, che tende a espellere Dio dalla vita concreta dell’uomo, con quale criterio i cristiani devono tentare un pensiero e un’azione pubblica da offrire alla riflessione comune?L’affermazione di san Giovanni Paolo II che «la fede deve farsi cultura» non è una scelta strategica valida solo in certi momenti storici. È la descrizione di un’esigenza intrinseca e irrinunciabile dell’identità cristiana, che deve esprimersi nell’agire e quindi deve confrontarsi con le grandi questioni culturali che si agitano nella società. Se non lo fa, il cristiano non solo viene meno al suo compito specifico di missione nel mondo e si trasforma in sale scipito, che presto o tardi finirà calpestato dai passanti, ma egli stesso non riuscirà più a capire il senso di quella fede che professa ma che ha relegato nell’intimismo. Egli, senza accorgersene, sulle questioni antropologicamente e socialmente decisive finirà con una sottomissione agli “schemi del mondo”, come dice san Paolo e come ripeteva spesso don Giussani sulla scorta della famosa Lettera ai cristiani dell’Occidente scritta all’inizio degli anni Settanta dal teologo ceco Josef Zverina.
Per i cristiani la ragione ultima della difesa dei valori è Cristo stesso. Perché possono proporli anche ai non credenti?
Invece che di “valori”, preferisco parlare di “beni”. Il discorso dei valori infatti rimanda alla percezione soggettiva della coscienza, mentre il bene è qualcosa che oggettivamente si dà nella realtà ed è accessibile alla ragione secondo un ordine e una gerarchia. La questione che lei pone riguarda ultimamente il nesso tra incontro con Cristo ed esperienza dell’umano. L’incontro con Cristo si verifica nella sua capacità di trasformare la vita e di renderla più conforme a ciò che il cuore di ciascun uomo attende. E proprio così è in grado di convincere della sua convenienza e addirittura della sua verità. È una verifica che ciascuna persona deve continuamente fare nel vivo delle sfide della propria esistenza e che la stessa comunità dei discepoli di Gesù con umile fierezza può proporre alla comunità degli uomini. E gli uomini, anche non cristiani, possono riconoscere così che alcuni beni, rivelatisi storicamente in un contesto cristiano, corrispondono davvero a quanto anch’essi possono apprezzare come valido e quindi adottarli, pur senza arrivare ad aderire alla fede, che è la sorgente della loro emergenza storica. Così storicamente è accaduto per il valore unico e il primato della persona rispetto allo Stato, anche a partire dalla testimonianza dei martiri cristiani («si deve obbedire a Dio piuttosto che agli uomini»); così è accaduto per il matrimonio monogamico nel mondo della Roma antica, che ha saputo trasformare la cultura permissiva che conosceva, legittimava e praticava già il divorzio, l’aborto e l’omosessualità, dell’epoca. La Lettera a Diogneto, antico testo patristico, parla proprio di questa “differenza” cristiana ma anche della sua capacità attrattiva e trasformante. È una sfida affascinante che si pone a ogni epoca della storia e in forme sempre singolari.
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Grazie a voi per avere dato sostanza storica e teorica a concetti che difendevo quasi solo intuitivamente.
Permettetemi un passo laterale. Temo che ci sia un’epidemia di nicodemismo per il quale questi concetti non escono. Una generale sconcerto che non fa trasformare un azioni il nostro credo. Primo: preghiamo per i nostri nemici? Preghiamo per i nostri amici? Insomma, esercitiamo il nostro doveroso sforzo sovrannaturale o almeno sosteniamo chi lo fa per scelta di vita? Secondo: dopo molta preghiera e molta orazione, passiamo all’azione? Cosa possiamo fare per la Nigeria e la Siria? Trezo (primo per importanza, secondo me): oltre alle giuste battaglie su famiglia, vita, società, economia e chi più ne ha più ne metta, cerchiamo di spiegare Dio al prossimo? Cerchiamo di far notare come il mondo e il suo ordine ne dimostrino l’esistenza? Se i nostri vicini, colleghi ed amici non sono certi dell’esistenza di Dio difficilmente arriveranno a Cristo e quindi la loro difesa del cristianesimo (presente e passato) sarà necessariamente debole, impacciata, inefficace. Riassumendo,invito tutti a pregare, anche per te, grafite. Sono sicuro che tu dici ciò che dici perché vuoi una società migliore. Anche noi.
grafite sei un cretino; comprati un bel libro di storia del cristianesimo e leggilo, studialo e ristudialo, prima di dire stronzate.
grafite sei un cretino; comprati un bel libro di storia del cristianesimo e leggilo, studialo e ristudialo, prima di dire minchiate.
ma alla fin fine io vorrei sapere quanti sono i veri omosessuali fatti dalla natura e quanti sono quelli presunti che fanno rapporti sia etero che omo. Che sono sposati con figli e si dichiarano omosessuali. Che sono diventati omosessuali perche’ violentati.Che sono omosessuali perche’ complessati. Che sono omosessuali perche’ pervertiti. Io non capisco perche’ ne’ la societa’ civile ne’ quella religiosa, ne’ il Papa fanno una distinzione. Si deve rispettare i veri omosessuali ( che per quanto mi risulta sono pochi,discreti,rispettosi e non si mettono in mostra) ma tutta l’altra gentaglia che se ne approfitta di questo rispetto da dare ai veri omosessuali per coprire la loro perversione sarebbero da mettere in riga. Io sono poi molto curioso. Quando due vanno dal sindaco per fare matrimonio omosessuale producono qualche documento che attesta che sono omosessuali? Se esiste questo documento chi lo puo’ stilare? E’ sufficente dire che si e’ omossessuali perche il sindaco li unisca in matrimonio ? Non e’ troppo facile ? Esiste il divorzio omosessuale? Dopo quanti anni lo si puo’ chiedere al sindaco? Sono tutte domande da farsi perche’ poi ci sono i contributi da dare e ricevere dallo stato.
“…senza le relazioni costitutive che ci danno identità – figlio, padre, madre, sposo e sposa, fratello e sorella – l’uomo è solo un individuo fragile manipolabile da parte del potere. ”
Questa è la frase chiave di volta del sistema, secondo me.
In quanto alla calunnia ripetuta da alcuni ben consci di diffondere calunnie, è opportuno ricordare per l’ennesima volta affinché anche i più duri di cervice possano capire, che il nazionalsocialismo NON E’ MAI E POI MAI STATO UN MOVIMENTO CRISTIANO, ma piuttosto si ispirava AD UNA SORTA DI NEOPAGANESIMO, ad una visione della storia in cui il Cristianesimo è visto come una forza negativa, negatrice del progresso auspicato dal movimento nazionalsocialista.
C’è una messe di documenti che testimoniano l’avversione dei nazisti per il Cristianesimo, basta solo togliersi le fette di prosciutto dagli occhi e mettersi nell’attitudine di LEGGERE LE STORIA SENZA I PROGIUDIZI ED I CONDIZIONAMENTI della propria ideologia.
Tirare fuori che i forni crematori dei lager nazisti sarebbero la prosecuzione di una sorta di fantomatica Inquisizione contro gli omosessuali significa solo essere dei tordi.
Si farebbe molto prima a ricordare ai signorini che hanno assorbito come spugne da una storia ridotta a fumettone truculento da videogame, che l’omosessualità era ben presente nell’era pagana, da molto prima dell’avvento del Cristianesimo.
Si, ma in quale temperie? Non certo nella ludica e trasgressiva temperie dei gay odierni, ma IN UN CONTESTO STRETTAMENTE LEGATO ALLA SCHIAVITU’, al possesso di esseri umani.
Il padrone a cui piaceva il sesso omosessuale obbligava lo schiavo a rapporti omosessuali, a prescindere dal fatto che il malcapitato fosse etero od omo.
Esattamente come le schiave giovani erano sistematicamente vittime di rapporti sessuali obbligati coi loro padroni ed i famigliari dello stesso.
In un simile contesto è inutile cercare lo scambio delle parti e le schermaglie e i giochini sessuali come fossero coppie affiatate.
Detto brutalmente, il padrone era quello che lo dava sempre, lo schiavo era quello che gli toccava prenderlo sempre, sia nei rapporti anali che in quelli orali.
E se si rifiutava, c’era la fustigazione.
Non è un caso che il primo Cristianesimo s’è espanso a macchia d’olio, nonostante fosse perseguito fino alla condanna a morte, come è assai ben documentato.
Gioverebbe piuttosto ricordare che dei 70 milioni di cristiani uccisi per la fede stimati da stime attendibili di storici non cristiani, 40 di questi sono SOLO nel XX secolo, il Novecento.
E sto parlando di persone messe a morte a causa della loro fede cristiana, non morti per semplici cause belliche.
Un esempio fra i mille che si possono portare a testimonianza sono gli impiccati della ferrovia di Jalisco, nel Messico del 1929, dove ad ogni palo della corrente lungo la linea ferroviaria, pendeva un cristiano impiccato, e questo per chilometri e chilometri.
La Storia è lì, parla da sola, basta solo mettersi in ascolto.
Ma la Storia, non i fumettoni storici da grand guignol.
E’ un momento drammatico per la Chiesa e per il Cristianesimo, è innegabile questo fatto.
E’ un momento drammatico a causa dell’acuirsi delle persecuzioni in Medio Oriente e Nigeria, il cui scopo è l’annientamento della presenza cristiana in Asia e Africa.
E nonostante questo genocidio in corso, c’è chi si ostina ad attaccare la Chiesa credendo di contribuire a darle il colpo di grazia e farla sparire dalla storia.
Più o meno come i nazisti hanno tentato di fare con gli Ebrei, o i bolscevichi con i kulaki.
Ricordo ai lettori l’articolo di qualche giorno fa qua su Tempi, un reportage da Mosul in cui i daesh hanno assassinato due “seguaci della tribù di Lot” (due omosessuali maschi) facendoli precipitare dalla torre più alta di Mosul con le mani legate. Invece di crocefiggerli o di decapitarli li hanno gettati giù dalla torre.
Quella è la pena dell’isil per gli omosessuali.
Arcigay o le Femen avessero fatto uno straccio di dichiarazione, un minimo di solidarietà per quei due poveracci.
Io sono pronto a scommettere che quei due poveracci (che Dio li abbia in gloria !!!) avrebbero dato via anche ** **** per poter vivere nel mondo cristiano.
Gli Arcigay, i Pride, gli Arcobaleno, le Femen……..niente….silenzio.
Le Femen ne avrebbero ben di argomenti contro i daesh, visto che laggiù le donne prigioniere vengono schiavizzate e cedute al mercato, esattamente come nell’antichità precristiana, nel mitico mondo pagano.
E invece…..silenzio.
Gli unici che hanno detto un requiem aeternam per quei due poveracci “della tribù di Lot” siamo stati noi Crstiani, forse gli unici che si saranno un po’ commossi a guardare quella sequenza fotografica che ho ancora davanti agli occhi.
Signorini gay occidentali……non avete capito proprio niente.
Un grazie anche a Menelik, per la disamiona puntuale. Il nazismo voleva incarnare un’etica neo-pagana, di matrice classica o nibelungico-wagneriana: nulla da spartire e tutto da seppellire ogni spirito cristiano. Pare che l’omosessualità, poi, fosse discretamente praticata da SA e SS: una foma di cameratismo che aveva le solide tradizioni militari prussiane (e non solo) a legittimarne la consuetudine. Con questo, nessuno, giustamente, si sognerebbe di tracciare equivalenze fra nazismo e omosessualità: mentre è comprensibile che chi stabilisce affinità fa nazismo e Cristianesimo sorvoli di proposito su questo aspetto del nazismo.
Lo stesso per le affinità fra islamismo militante e nazismo: nessuno nota, nessuno si accorge o ricorda che100.000 SS erano islamiche: in minima parte, arabi benedetti dal Gran Muftì di Gerusalemme (Husseini dai capelli rossi: “vero ariano”, lo definivano i pezzi grossi del regime); e soprattutto, bosmiaci, kosovari, macedoni e islamici di altre regioni della penisola balcanica. Gli alti comandi delle SS dovettero, però, sciogliere questi battaglioni di volontari musulmani balcanici per… Crudeltà nei confronti delle popolazioni civili! Era gente che si distingueva nello stupro e nel saccheggio dei cristiani ortodossi e cattolici: ma quando c’era da menare le mani sul serio, sul fronte russo o contro i partigiani titini, questo lascito delle dominazioni turche si eclissava e si imboscava, ‘disonorando’ – pensate un po’! – le SS!
Se facciamo un passo indietro possiamo pure sottolineare che il mercato dei schiavi in Africa (per intenderci quella che è finita in America) era in mano loro (dato che la schiavitù è legittima per il Corano nei confronti dei non musulmani).
Ottima (in un post solido come una roccia) l’osservazione di Menelik sul silenzio di gay, femen ed arcobaleni vari. Il chiasso lo fanno per il mancato rinnovo di un contratto all’insegnante, per una presunta battuta di un insegnante di religione e per un convegno sulla famiglia (con tanto di feroce e campagna mediatica). Le cose facili ed un poco vigliacche dove la calunnia diventa strategica.
Sapevo della complicità con le SS , ma ignoravo l’esistenza di battaglioni di SS islamiche.
Immagino cosa sarebbe successo se un milionesimo di queste accuse potevano versarle sulla Chiesa Cattolica. Ancora blaterano sull’editto di Tessalonica, su Galileo e Bruno.
Toni, colgo l’occasione per ringraziarti di aver riportato nel tuo post alcuni stralci tratti da Platone. La classicità non fu una sorta di Gay Parade permanente: sembra che l’omosessualità fosse considerata favorevolmente dai dirigenti delle poleis greche come mezzo per contenere le nascite – un po’ quello che taluni pensano anche oggi -: la Madrepatria non sfamava tutti e non bastava l’apoikìa, l’emigrazione per fondare nuove città in Asia Minore, nel Chersoneso Tracico e Taurico, nella Magna Grecia, in Sicilia e ancora oltre. Secondo altre interpetazioni, invece, la diffusione e l’accettazione dell’omosessualità maschile fu una conseguenza della penuria di femmine, data l’alta incidenza della mortalità da parto. Secondo alcune statistiche pubblicate negli anni ’70, il rapporto maschi/femmine nella Grecia classica era di 3:1; passò a 3:2 a Roma. La prima nazione in cui le femmine superarono numericamente i maschi fu l’Inghillterra della rivoluzione industriale, laddove il femminismo divenne prima che altrove un movimento politico/culturale organizzato.
Ma si può discutere quanto si vuole del passato. E’ notizia di ieri che un gay scaraventato dall’Isis giù da un palazzo a Raqqa e sopravvissuto, è stato finito a sassate dalla folla esultante. Non si segnalano orgogli offesi o sensibilità ferite da nessuna parte. La regola, per i gay militanti, è dare addosso ai cristiani: che si dissociano e tirano pugni, benché solo metaforici, solo quando qualcuno offende la mamma degli islamici: allora, sì!, che non gliela si manda a dire ai morti ammazzati di Charlie Hebdo, di cui nessuno dei cattolici così pugnaci si era accorto, per indignarsene un po’, prima che ri-pubblicassero le vignette satiriche e gli islamici pensassero a ristabilire la corretta filologia coranica per inseganrla a tutti.
Quanto alle SS islamiche, a parte quelle reclutate fra gli islamici nei Balcani, i (pochi) musulmani giunti dalla Palestina e quelli (meno ancora) venuti dall’India sotto la spinta del poeta islamico Mohamed Iqbal, ammiratore del Fascismo e uno dei fautori della separazione del Pakistan dall’India dopo la fine del Raj, c’erano anche SS, quasi tutti tedeschi, convertite all’Islam: difficile credere lo abbiano fatto perché a gente che ne intendeva, di certe cose, l’Islam avesse l’apparenza di una, anzi, della “religione di pace” di cui si parla col cuore in mano.
Ciao, Toni, un abbraccio.
“così è accaduto per il matrimonio monogamico nel mondo della Roma antica, che ha saputo trasformare la cultura permissiva che conosceva, legittimava e praticava già il divorzio, l’aborto e l’omosessualità, dell’epoca”
E’ già, con il cristianesimo sono cominciati i roghi e le forche per i gay: dai fuochi medievali e oltre (uno degli ultimi gay al rogo è a metà del settecento in Francia), alle forche (gli ultimi inpiccati per omosessualità in UK nel 1836) per rifinire ai forni tedeschi. Un gran bel guadagno di civiltà, non c’è che dire!
La grafite è il materiale giusto per comporre il ripieno della scatola cranica di uno capace di imputare al cristianesimo i forni crematori.
La cultura della persecuzione degli omosessuali da là è nata: roghi, forche e docce al cianuro sono conseguenza di un’odio che non esisteva nel mondo classico, almeno non in queste forme. I campi di persecuzione nazisti non nascono dal nulla: sono il culmine di una persecuzione durata 1500 anni ! E non è detto, per inciso, che fossero più brutali di certi roghi del medioevo cristiano…
La grafite mi pare non renda un granché, Io proverei col silicio, se non sbaglio è con quello che fanno i microchip…
Alberto: “Non esisteva nel mondo classico”
«Bisogna dunque considerare che alla natura femminile e a quella degli uomini che desiderano unirsi per procreare, il piacere che ne deriva è stato dato secondo natura, ma quello di uomini con uomini e di donne con donne è contro natura e tale atto temerario nasce dall’incapacità di dominare il piacere» Leggi , Platone
«Socrate disse alla presenza di molte altre persone e anche dello stesso Eutidemo che a lui pareva che Crizia soffrisse di una malattia da maiali, desiderando strofinarsi su Eutidemo, proprio come i maiali si strofinano sulle pietre, e da qui Crizia prese ad odiare Socrate» (Senofonte, Memorabilia, A, II 30).
Non sono i soli (c’è Plutarco, Eschine, Aristofane) .
Lasciate in pace il mondo classico.
Il nazismo era un’ideologia laicista in continuità con il Positivismo e il Kulturkampf bisamrckiano contro il Cristianesimo, anzi, per la precisione, anti-cattolico, così come è in continuità con il laicismo corente e arrembante dei nostrio giorni: eugenetica; eutanasia; culto della natura e nello stesso tempo, esaltazione della scienza; tensione all'”Oltreuomo”; controllo della formazione ideologica dei giovani secondo le direttive statolatriche. In ogni caso, i nazisti avranno diritto a essere creduti: e se erano loro stessi a ritenere la Chiesa cattolica un nemico mortale, sarebbe il caso di dargli retta. Non avrebbero mai pensato di stabilire una continuità fra il partito nazional-socialista e una istituzione che aveva il Dio Salvatore in un ebreo; o fare del Mein Kampf un succedaneo del Vanmgelo e de “Il mito del XX secolo” di Alfred Rosenberg un derivato della Bibbia.
Si vorrebbe sapere, poi, quanti omosessuali finirono sul rogo per mano della Chiesa ovvero della Santa Inquisizione, tenuto che le vittime accertate mercé gli archivi vaticani sono, complessivamente, molto, molto al di sotto delle cifre sparate senza onere di prova.
Infine, solo una dozzina di gionri fa si dava notizia, su queste stesse pagine online, dell’uccisione di due gay nei territori dell’Isis: gettati dall’alto di un palazzo, con gran concorso di popolo festante. Impiccati a Teheran e a Ryadh, sgozzati in Iraq, lapidati in Afghanistan: sorte che non suggerisce confronti fra passato e attualità. Chissà perché.
grazie raider, sei sempre sul pezzo. grazie davvero!
Rispetto e stima fanno piacere, specie se vengono da persone che si apprezza. Grazie a te, Angelo.
Mi accodo solo per ammirare la compassionevole pazienza che voialtri dimostrate, contrariamente al sottoscritto.
E l’ammirazione si centuplica se si tien conto poi che, magari, certi ragli vengono dallo stesso asino che l’altro giorno invocava il diritto di satira per lamentarsi del fatto che il numero dei preti assassinati nei lager era inferiore alle sue aspettative…
Hai ragione, Giannino. Ma se tappezzano anche questo sito coi loro murales verbali, pensano o si potrebbe pensare che vincono anche in trasferta; e per non andare avanti a sforza di slogan, occorre argomentare in qualche modo. Io ammiro te, che, spesso, riesci a smontarli con una battuta, con l’ironia, con uno sberleffo. Tutto è grazia.
Senza andare troppo in là col tempo, basta ricordare che OGGI l’omosessualità è punita con la morte in molti paesi islamici, in ossequio alla sharia. L’omosessualità è infatti punita con la morte in Mauritania, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Yemen, Sudan, Iran, Afghanistan, Nigeria, Somalia. In Pakistan è previsto il carcere a vita.
Però fa più figo attaccare la Chiesa e ignorare a piedi pari l’islam, vero?
La tua disonestà intellettuale è aberrante.