
E se Israele attaccasse davvero l’Iran? «Ecco come, dove, quando e perché lo farà»
«Se in un condominio, il tuo vicino di casa ti dicesse ogni giorno che vuole ucciderti, faresti qualcosa prima che questo succeda davvero. Lo stesso vale per Iran e Israele. Il 2012 è l’anno decisivo: o Teheran abbandona il suo programma nucleare o Tel Aviv li attaccherà». È proprio del possibile “strike” israeliano contro le installazioni militari iraniane che parla Countdown, il nuovo libro (in formato e-book) di Giulio Meotti, che a tempi.it spiega quando potrebbe avvenire e come.
Il 2012 è l’anno decisivo e l’Iran, stando alle ultime dichiarazioni della Guida suprema Khamenei, non è intenzionato a fermarsi.
Io credo che l’Iran non si fermerà infatti, più difficile è prevedere la tempistica di un attacco israeliano. Le sanzioni di Stati Uniti e Ue entrano in vigore a giugno e luglio e Obama non appoggerà un attacco in piena campagna elettorale con le elezioni presidenziali a novembre. Israele sa che l’Iran entro pochi mesi potrebbe entrare in una specie di immunità. Diciamo che, anche se non è possibile fare la casistica, l’attacco militare ha il 60 per cento di possibilità di verificarsi. L’Iran infatti fa progressi significativi con l’arricchimento dell’uranio e potrebbe avere la bomba atomica tra pochi mesi, non tra anni. Secondo l’intelligence americana e israeliana, l’Iran ha materiale fissile per fare cinque o sei bombe atomiche. Ora hanno l’uranio arricchito al 20%, devono solo decidere se vogliono arrivare al 90%, la soglia necessaria per ottenere la bomba. L’arricchimento e l’avanzamento nucleare viene realizzato in un bunker, chiamato Fardo, che si trova sotto una montagna. Hanno fatto passi da gigante dentro questo bunker, dove gli ispettori dell’Aiea non sono mai entrati.
Come potrebbe svolgersi l’attacco israeliano dal punto di vista logistico?
Difficile dirlo. È chiaro che un eventuale attacco presenta molti problemi e incognite: di certo non sarà una riedizione del 1981, quando Israele ha colpito il reattore iracheno di Saddam Hussein. L’operazione è complessa: si parla di un impiego di 100 aerei che bombardino l’Iran per due o tre giorni. Gli obiettivi sensibili sono circa 600 ma non si sa né se Israele abbia la tecnologia adatta per permettere il rifornimento in volo dei suoi aerei, operazione resa necessaria dalla distanza che dovrebbero percorrere, né se siano dotati di bombe in grado di penetrare il bunker.
Un eventuale attacco israeliano scatenerebbe sicuramente una reazione molto negativa da parte dell’opinione pubblica e non solo. Sono pronti ad affrontare le conseguenze?
È chiaro che un attacco di questo tipo fomenterebbe l’odio antisemita, che è già grande e diffuso nel mondo. L’episodio di Tolosa sta lì a dimostrarlo. Io ritengo che Israele abbia tutto il diritto di sferrare questo attacco, perché se Unione europea e Stati Uniti sono disposti ad accordarsi con l’Iran, perché ci sono forti legami economici e perché in fondo anche Pakistan e India hanno già la atomica, Israele non può. Primo perché si trova in Medio oriente, secondo perché ogni giorno viene minacciato di morte da Teheran. L’Iran vuole distruggere Israele e lo ripete di continuo. È come se in un condominio, il tuo vicino di casa ti dicesse ogni giorno che vuole ucciderti: faresti qualcosa prima che questo accada davvero. Il diritto all’autodifesa esiste.
Sembra però che l’Iran si stia indebolendo. Israele non potrebbe aspettare un’insurrezione popolare?
La situazione dell’Iran è sicuramente pessima, ma questo non cambia niente dal punto di vista del regime. È un paese impoverito economicamente, le sanzioni hanno in parte funzionato ma l’opposizione non esiste, è stata stroncata negli ultimi tre anni, il “regime change” quindi è impossibile, mentre il programma atomico di Teheran va avanti perché è necessario sia dal punto di vista messianico che politico: li affermerebbe come potenza regionale.
Israele potrebbe venire appoggiata dagli Stati Uniti?
In Israele ovviamente si preferirebbe un attacco coordinato con gli americani, che però ora non sono molto inclini, soprattutto se si considera la fallimentare politica di Obama della mano tesa che usa anche con il regime di Teheran. Tra l’attuale amministrazione israeliana, dopo il pasticcio sugli insediamenti, e quella americana c’è un vero e proprio gelo da almeno due anni.
Non esiste un’alternativa allo strike israeliano?
Sarebbe bello se ci fosse un’alternativa, una via di mezzo tra l’attacco e la dismissione del programma nucleare iraniano ma purtroppo non c’è. L’unica è che le sanzioni di Stati Uniti e Ue, insieme all’imminente pericolo di un vero pericolo, convincano il regime a interrompere il programma nucleare per sopravvivere. Ci sarebbero delle condizioni però: il trasferimento di tutto il materiale fissile in un paese estero, come la Russia, la sospensione dell’attività nei bunker. Secondo me è molto difficile che accada perché il programma va avanti ininterrottamente da 15 anni, tranne un piccolo stop nel 2002, ma non so se l’Iran ritenga credibile la minaccia israeliana.
Su molti giornali si legge questo ragionamento: si parla troppo e troppo apertamente di questo attacco, è un chiaro segno che non ci sarà.
È vero, se ne parla molto ma il motivo è che si sta cercando di preparare l’opinione pubblica a qualcosa che potrebbe accadere. Oltre a eccitare l’opinione pubblica, Israele vuole forzare la mano agli americani. Se si leggono i fatti noti e meno noti si capisce che siamo davvero vicinissimi a un attacco. Magari poi Israele decide di aspettare la rielezione di Obama, però Netanyahu ha detto che è questione di mesi, poi ognuno interpreti queste parole come meglio crede.
Perché un libro come Countdown?
Ho voluto scriverlo da una parte per preparare i lettori su un attacco che potrebbe avvenire a breve, dall’altra per informarli sulla guerra più lunga della storia del Medio oriente, mai dichiarata e che sta per arrivare al suo epilogo. Israele nel mondo è molto sola e non ha appoggi salvo gli Usa. Certo i paesi arabi sarebbero molto contenti di questo attacco: si libererebbero di un paese scomodo come l’Iran degli ayatollah senza fare il lavoro sporco.
twitter: @LeoneGrotti
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