
Dino Baggio: «Conte è un vincente, ma occhio alle insidie»
Dino Baggio, classe 1971, è stato uno dei più bravi centrocampisti italiani a cavallo del 2000. In Serie A ha disputato 330 partite e segnato 24 gol. Nei migliori anni ha giocato con il Parma, ma prima dei biancocrociati ha vestito la maglia della Juventus con la quale si è reso protagonista della vittoriosa cavalcata in Coppa Uefa, segnando 3 gol nella doppia finale con il Borussia Dortmund. A Parma è passato negli anni migliori, quelli con Nevio Scala, sempre in lotta per il titolo italiano e la Uefa contro gli ex compagni della Juve. E di un ex compagno ha parlato con Tempi.it, l’amico Antonio Conte, oggi sulla bocca di tutti, presente sulle prime pagine dei quotidiani sportivi, artefice di un bellissimo inizio di campionato. «Lo conosco bene Antonio, ho giocato con lui un paio d’anni, è un ragazzo eccezionale, lavora molto, si impegna, ha grande professionalità e un carattere forte».
Tutte caratteristiche essenziali per sedere sulla panchina bianconera. Ma che differenze ci sono tra lui e Ferrara? Anche l’attuale tecnico dell’Under-21 prima di allenare ha indossato la maglietta bianconera?
«Conte ha un carattere più forte, e poi è arrivato alla Juve dopo una discreta gavetta in altre società, Ferrara no. Hanno metodi di allenamento diversi, i giocatori a disposizione dell’attuale allenatore sono diversi. Antonio lavora molto sulla testa dei suoi ragazzi più che sulle loro gambe. È arrivato in un momento critico e quindi non può permettersi cali di concentrazione e per ora ce la sta facendo».
Quali pregi e che difetti vuole sottolineare nella squadra di Conte?
«Né pregi né difetti. Dico solo che siamo all’inizio del campionato, la strada è ancora lunga e non bisogna montarsi la testa e tutti, dall’allenatore all’ultimo giocatore, stanno mantenendo un profilo basso. Questo è un pregio. Per il momento non si parla di scudetto, si gioca partita dopo partita. E poi, agli avversari della Juve dico di fare attenzione allo Juventus Stadium: è davvero il dodicesimo uomo in campo».
Nella sua carriera ha giocato anche con Inter, Parma e Lazio. Come vede queste formazioni?
«Per l’Inter la vedo dura. Hanno vinto tantissimo per 6 anni e ora è naturale un calo, sia fisico sia mentale da parte dei giocatori. La Lazio è una buonissima squadra, ottimo allenatore, uno spogliatoio unito che sa difendersi anche dalle critiche esterne. Lo hanno dimostrato dopo le dimissioni di Reja: respinte da presidente e spogliatoio. Possono togliersi delle soddisfazioni e se domenica prossima vincono il derby si renderanno conto ancora di più del loro potenziale. Il Parma si sta riprendendo dalla crisi di questi ultimi anni. Devono fare ancora tanta strada e servono ulteriori investimenti per raggiungere i fasti di un tempo, ma sono sulla buona strada. Il Parma è una squadra che deve tornare in Europa, è il suo habitat naturale».
Oggi di cosa si occupa, lavora ancora nel mondo del calcio?
«Sì, non posso farne a meno. Lavoro con il Padova calcio, insegno tecnica ai ragazzi della Primavera e agli Allievi. Stiamo cercando di seguire l’esempio del Barcellona, ci concentriamo di più sulla tecnica che sul fisico. Sono stufo di vedere calciatori grandi e grossi che non sanno stoppare una palla. È un ritorno all’antico, fino a 15 anni fa si ragionava così, e il calcio italiano funzionava benissimo».
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