
Il Corpo di Cristo in mani che si sporcarono di sangue. Una grande storia di redenzione

Ciro, Giuseppe, Cristiano e Vincenzo sono quattro detenuti del carcere di Opera (Mi), e domenica 9 aprile hanno incontrato papa Francesco. Tutti i giorni lavorano per il progetto in carcere “Il senso del pane” e il loro compito è quello di realizzare 7-8 mila ostie, destinate a diventare Eucaristia. A spiegare a tempi.it com’è nata l’idea delle particole fatte dai detenuti è Arnoldo Mosca Mondadori, fondatore della “Casa dello spirito e delle arti”: «La Fondazione è nata nel 2012, da un’idea mia e di Marisa Baldoni. Fin da subito abbiamo cercato di dar vita a idee che aiutassero l’uomo al di là dei preconcetti, come il corso di musica per i bambini rom. Da quel primo progetto, è nato un legame con i detenuti, visto che i violini sui quali i ragazzi si esercitavano provenivano proprio dal carcere di Opera. I liutai di Cremona, i migliori a creare questo tipo di strumenti, avevano insegnato ai detenuti come realizzarli. L’arte di realizzare violini è stata tramandata così bene che il progetto è rimasto tuttora attivo. L’intento della nostra Fondazione è quello di comunicare la bellezza del messaggio di Cristo a tutti, anche ai non credenti, attraverso il linguaggio universale delle arti».
CAMMINO DI CONVERSIONE. “Il senso del pane” è stato fortemente voluto da Arnoldo Mosca Mondadori, che ha dovuto lavorare alacremente per due anni e mezzo prima di poterlo vedere realizzato: «L’idea è nata da un desiderio personale: capire meglio il significato dell’Eucaristia. L’uomo fa fatica a trovare le parole per descrivere quel momento insondabile della liturgia. Ho pensato che quell’attimo sarebbe stato ancora più reale se le ostie fossero state realizzate “dagli ultimi”». Per essere chiamati a far parte del “Senso del pane” non bastava una buona condotta, come di solito accade per la partecipazione al lavoro in carcere: «Ho cercato un gruppetto di detenuti che avesse vissuto un reale cammino di pentimento e conversione. Due di loro hanno anche preso parte al “Progetto Sicomoro” (che si occupa di giustizia riparativa, e di far incontrare vittime e carnefici, ndr), e tutti e quattro hanno incontrato la fede in carcere. A parte uno di loro, che uscirà tra dieci anni, gli altri hanno condanne di “fine pena mai”, cioè sono destinati a rimanere in carcere fino all’ultimo giorno della loro vita, per omicidio». Mani che si erano macchiate di sangue ma che adesso si rendono fautrici di vita: «Con la preghiera Ciro, Giuseppe, Cristiano e Vincenzo sono rinati. Per questo ho pensato che fossero le persone adatte a un progetto così».
8 MILA OSTIE AL GIORNO. Dopo un paio d’anni di permessi e apprendimento, da ottobre 2015 i quattro uomini realizzano quotidianamente migliaia di ostie, che verranno inviate in molte parti del mondo: «In poco tempo il numero delle parrocchie che hanno cominciato a richiederci le ostie è cresciuto, fino ad arrivare a 150 richieste in tutta Italia, le nostre sono sempre donazioni gratuite. La spedizione più importante è stata quella fatta a papa Francesco lo scorso gennaio».
In occasione del Giubileo dei Migranti, il 17 gennaio, i detenuti hanno inviato 7 mila ostie al Papa, che li ha pubblicamente ringraziati durante l’Angelus domenicale. L’altro grande desiderio di Arnoldo era portare i detenuti stessi a conoscere il Pontefice e ottenere così la sua benedizione: «Domenica 9 aprile tre dei quattro detenuti che lavorano al “Senso del pane” hanno consegnato personalmente al Papa le ostie. Commossi, hanno ricevuto la sua benedizione, poi gli hanno rivolto qualche parola nell’orecchio. Infine gli hanno porto il libro delle visite del carcere di Opera, sul quale gli esterni lasciano una dedica. Ha firmato una pagina come tutti e ha scritto di suo pugno una benedizione, di modo che anche gli altri potessero leggerla».
IN TUTTO IL MONDO. Dapprima le ostie venivano inviate solo in Italia, ma da quando papa Francesco li ha ringraziati pubblicamente al Giubileo dei migranti, le richieste si sono moltiplicate: «Le nostre ostie stanno per partire per il Kurdistan iracheno, sono andate in Libano, a Gerusalemme, in Sri Lanka, in Nicaragua, andranno in Brasile e perfino in Mozambico. Da lì ci ha scritto don Antonio, che da anni lavora nel carcere di Maputo e vorrebbe aprire un progetto simile anche con i carcerati di cui si prende cura. Mi sono arrivate anche due richieste in lingue che non conosco e che devo far tradurre, e questo mi rende sempre più felice. Le nostre ostie vengono portate per il mondo gratuitamente da persone amiche che si recano in quei luoghi per motivi personali e si offrono di farsi carico della dogana e della consegna delle ostie a chi le aspetta. I più felici di tutti sono proprio Ciro, Giuseppe, Cristiano e Vincenzo. Sanno che il loro lavoro riesce così bene non solo grazie alla catena produttiva».
Se siete una parrocchia e volete ricevere le ostie, scrivete a [email protected]
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Non le diamo noi credenti in Gèsù Cristo, mà è Lui stesso che c’è lo ricorda ogni attimo della nostra
effimera e caduca esistenza. Come lo annunciò l’Arcangelo Gabriele a Maria di Nazareth, così per
le molteplici situazioni,cioè: a Dio nulla è impossibile. Nella Sua ricerca e nella preghiera ti sarà possibile
-sè vorrai, sè sarai semplice- sperimentala questa Sua corrispondenza esistenziale.