
Chiesa cattolica in Cina. Gli articoli su Tempi
Nonostante il Partito comunista cinese sia ateo per definizione e costituzione, l’articolo 36 della Carta cinese garantisce ai cittadini la libertà religiosa e di culto, anche se impedisce alle potenze straniere di interferire negli affari interni della Cina.
Una di queste potenze straniere è il Vaticano. Dopo la presa del potere in Cina dei comunisti con Mao Zedong nel 1949 la Chiesa cattolica (presente con i primi missionari in Cina fin dal XIII secolo) è stata duramente perseguitata. Tutte le sue proprietà sono state confiscate dal Partito, che da allora non ha mai pagato le centinaia di miliardi di euro di danni, e molti sacerdoti vescovi e fedeli sono stati uccisi o imprigionati. Nel 1957 il presidente Mao ha fondato l’Associazione patriottica (Ap), ente legato al Partito comunista cinese, che guida la vita della Chiesa e rappresenta la massima autorità al posto del Papa, il cui ruolo viene misconosciuto. Il Partito, attraverso l’Ap e l’Ufficio degli affari religiosi, decide che cosa bisogna insegnare a catechismo, se si può costruire una chiesa, che cosa si insegna in seminario, chi viene ordinato prete e chi viene ordinato vescovo, fino a quello che i parroci devono dire durante le omelie. In mancanza dell’autorità del Papa, la Chiesa viene guidata secondo il “principio democratico”. Questo atteggiamento da parte della Cina è fonte di continui scontri con il Vaticano, che ha scomunicato diversi vescovi nominati dal Partito ma rifiutati dal Papa.
Nonostante questi problemi, la Chiesa cattolica in Cina conta tra gli 8 e i 16 milioni di fedeli e quasi tutti i suoi vescovi e sacerdoti sono in comunione con il Pontefice. Come ha ricordato papa Benedetto XVI in una lettera del 2007, la Chiesa cinese è una, anche se in molte regioni a causa della prepotenza e della persecuzione messa in atto dal Partito si sono distinte delle comunità “sotterranee”, che si sono spesso fieramente opposte all’imposizione da parte di Pechino di sacerdoti o vescovi non in comunione con il Papa.
Oggi in Cina ognuno può professare liberamente la religione che vuole nel chiuso delle mura di casa sua. Se però vuole professare la sua fede in pubblico deve stare alle regole e al controllo imposti dal Partito. Ad esempio, cattolici locali e stranieri non potrebbero in teoria incontrarsi se non in presenza della polizia. Nell’ultimo anno, in corrispondenza della Primavera araba, Pechino ha aumentato la repressione e il regime di controllo della popolazione cinese a tutti i livelli, per evitare rivolte e scontri. Per questo, si è fatto anche più intransigente nei confronti delle attività della Chiesa cattolica, imprigionando sacerdoti, e nominando più di un vescovo senza l’approvazione del Papa, dopo anni di relativa pace tra Cina e Santa Sede. Come risposta, il Vaticano ha scomunicato i vescovi ordinati e ordinanti.
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