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Papa Francesco tende una mano alla Cina. Il partito comunista promette nuovi vescovi “illeciti”
Papa Francesco ha teso una mano cordiale al partito comunista cinese e il partito l’ha respinta ancora una volta. Dopo i viaggi in Corea del Sud, Sri Lanka e Filippine, i giornali hanno scritto in maniera entusiasta di un possibile disgelo tra il Dragone e il Vaticano. Ma ancora una volta hanno fatto i conti senza l’oste.
TRE LETTERE A XI. Sorvolando tre volte la Cina, cosa che nessun altro Pontefice aveva mai fatto, papa Francesco ha scritto al presidente Xi Jinping: «Ritornando a Roma dopo la mia visita in Corea, desidero rinnovare a lei eccellenza e ai suoi cittadini l’assicurazione dei miei migliori voti, e invoco la divina benedizione sulla sua terra». Lettera «apprezzata» dal portavoce del ministero degli Esteri cinese. E sicuramente è stato apprezzato anche il mancato incontro in Vaticano tra il Papa e il Dalai Lama, leader tibetano costretto all’esilio, in occasione del XIV summit a Roma dei Nobel per la Pace. L’incontro non è avvenuto perché non era previsto che il Papa vedesse singolarmente i premi Nobel (niente sudditanza verso la Cina dunque), a Pechino però sarà sicuramente piaciuto il gesto.
ANCORA VESCOVI ILLECITI. Nonostante questi gesti concilianti da parte del Papa, il 15 gennaio scorso è apparso sul sito dell’Ufficio affari religiosi cinese il “Piano di lavoro per il 2015”, stilato in occasione dell’incontro nazionale che si è tenuto a Pechino lo scorso dicembre. Nel documento si afferma che il partito continuerà a ordinare vescovi «indipendenti», cioè senza l’approvazione del Papa. Questo non solo rende le ordinazioni “illecite” per la Chiesa cattolica ma fa anche rischiare agli ordinati e agli ordinanti la scomunica, come già avvenuto in passato.
NESSUN DIALOGO. Tra il 2006 e il 2012, la Cina ha ordinato in modo illecito cinque vescovi (Kunming, Mindong, Shantou, Leshan, Harbin), alcuni dei quali sono stati scomunicati e hanno provocato la reazione dura della Chiesa. Sia Benedetto XVI, con la sua Lettera ai cattolici cinesi, sia altri interventi ecclesiali hanno aperto la possibilità di un dialogo sulle nomine, lasciando comunque l’ultima parola al Papa, ma il partito comunista ha sempre rifiutato ritenendo l’approvazione del Papa una «indebita ingerenza negli affari interni cinesi».
«GESTIONE DEMOCRATICA». L’Ufficio affari religiosi ha anche annunciato che quest’anno si terrà il Congresso nazionale dei rappresentati cattolici. Organizzato dall’Associazione patriottica, surrogato comunista della Chiesa cattolica, e dalla Conferenza episcopale cinese, non riconosciuta dal Vaticano, il Congresso è considerato dalla Chiesa «inconciliabile con la dottrina cattolica» perché vuole sostituire all’autorità del Papa una «gestione democratica» della Chiesa. Nel documento, infine, si annuncia un maggiore controllo dei «conti bancari di luoghi religiosi e seminari». Un concetto curioso, in un Paese che ha sequestrato dopo l’avvento del comunismo alla Chiesa cattolica beni pari a 13 miliardi di euro.
LE REAZIONI DEI FEDELI. Come riportato da AsiaNews, i fedeli non hanno preso bene questa dura presa di posizione del governo cinese: «Trattano la Chiesa cattolica come se fosse composta da schiavi. Quando i nostri pastori della Chiesa inizieranno a rifiutarsi di cooperare, alzandosi in piedi per difendere la vera fede cattolica? Tutto il clero e tutti i fedeli con una coscienza dovrebbero boicottare le ordinazioni illecite e abbandonare l’Associazione patriottica e il Consiglio dei vescovi». Un altro dichiara: «I sacerdoti scelti come candidati vescovi devono boicottare le ordinazioni illecite». E ancora: «Non lasciate che le forze del male sopprimano la nostra Chiesa. Non scendete a compromessi. Dobbiamo lottare per la libertà religiosa in Cina».
LIBERTÀ RELIGIOSA PEGGIORATA. Con Xi Jinping la libertà religiosa è peggiorata ancora in Cina. In un recente articolo pubblicato dal Global Times, quotidiano molto vicino al Pcc, Zhu Weiqun, capo della commissione Affari etnici e religiosi del “Parlamento” cinese, ha ricordato: «Un membro del partito comunista non può assolutamente aderire a una religione. Questo è un principio ideologico e organizzativo che il partito ha sempre sostenuto fin dalla sua nascita. Non ci possono essere dubbi su questo. Se [i membri del partito comunista abbracciassero il] cristianesimo, tutte le ideologie, le teorie e le nostre organizzazioni crollerebbero».
CROCI DISTRUTTE. Nel 2014, il partito comunista ha abbattuto quasi 1000 croci e demolito decine di chiese in Cina, soprattutto nella provincia orientale di Zhejiang. A Natale Wang Zouan, responsabile dell’Ufficio affari religiosi, ha visitato le chiese di Pechino per avvertire tutti i fedeli: «È necessario resistere in modo risoluto all’uso del cristianesimo da parte degli stranieri per infiltrarsi in Cina». Il problema è che per il partito comunista anche il Papa è un pericoloso capo di Stato «straniero» che vuole «infiltrarsi in Cina».
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