La preghiera del mattino (2011-2017)

«No a una scuola della “colonizzazione ideologica”»

Di Angelo Bagnasco
19 Maggio 2015

Dopo il discorso di saluto pronunciato ieri da papa Francesco, oggi il cardinale Angelo Bagnasco ha prunicato la prolusione di apertura della 68a Assemblea Cei. Ne riportiamo di seguito alcuni stralci, divisi per argomenti (qui il discorso completo).

SINODO. «Stiamo camminando verso l’appuntamento del Sinodo nel prossimo Ottobre. Dopo la fase Straordinaria, sarà il momento di quella Ordinaria, che vedrà riuniti attorno al Papa i Vescovi Delegati degli Episcopati del mondo. Il tesoro della preghiera, la ricchezza di contributi, il dialogo dei Padri alla luce del Magistero e delle sfide attuali, ne faranno un’esperienza viva di Chiesa che guarda con rinnovata convinzione alla famiglia e al matrimonio come ad un patrimonio dell’umanità, comunità d’amore, grembo fecondo di vita e di futuro, palestra primaria di dialogo e di relazioni tra generi e generazioni, presidio di stabilità personale e collettiva. Per i credenti essa è anche Chiesa domestica, che guarda alla Famiglia di Nazaret come modello sempre attuale e forza sempre fresca. Consapevole delle prove e delle ferite che affliggono non poche famiglie, lo sguardo del Sinodo sarà a tutto tondo – dall’amore alla sessualità, dalla coppia al matrimonio e ai figli, dalle difficoltà culturali a quelle sociali – tenendo presente che il focus non è tanto la bellezza dell’amore in sé e in tutte le sue manifestazioni, ma la famiglia. Sarà, quindi, un nuovo momento di esemplare discernimento dei Padri “cum et sub Petro”, con l’intenzione non di far prevalere delle opinioni, ma il cuore dei Pastori che hanno la missione di sostenere le anime con la misericordia della verità e dell’amore. Al termine dei lavori tutto verrà consegnato al Santo Padre, che ha la responsabilità ultima di ogni discernimento dottrinale e pastorale. Come nello scorso anno, faremo una Veglia di preghiera in Piazza San Pietro alla vigilia dell’Assise sinodale sabato 3 ottobre p.v. La forza della preghiera insieme al Papa accompagnerà il Sinodo, perché ogni pensiero e parola siano sotto la luce dello Spirito che è verità e carità».

GENOCIDIO ARMENO. «Un secolo fa, in Anatolia, si è consumato “il primo genocidio del ventesimo secolo”, ha detto il Papa nell’omelia della Messa dell’aprile scorso per i fedeli di rito armeno: in neppure due anni, un milione e mezzo di persone – uomini e donne, bambini e anziani – sono stati eliminati in modo lucido e programmato! La memoria di tale sterminio – che a fatica il mondo occidentale sta riconoscendo – deve essere omaggio alla verità e monito efficace per la cultura del rispetto e della non violenza, della giustizia e della pace».

CRISTIANI PERSEGUITATI. «Il ricordo del popolo armeno va ad aggiungersi alla continua persecuzione dei cristiani in diverse parti del mondo: non accada che subentri l’abitudine e quindi l’indifferenza davanti al persistere di tanta brutalità omicida, travestita di religione. Spegnere i riflettori e stare in silenzio, lasciando che la carneficina continui, sarebbe diventarne conniventi, colpevoli di fronte al tribunale di Dio e della storia. Sarebbe l’ennesima prova della cattiva coscienza dei potenti. Le nostre Chiese si uniranno in una grande preghiera sabato prossimo, 23 maggio, vigilia di Pentecoste: nel vincolo delle anime ci troveremo uniti e inchinati davanti al martiro di tanti fratelli e sorelle di fede. Alcune Agenzie internazionali affermano, dati alla mano, che il 2014 è “l’anno con il più alto livello di persecuzione globale dei cristiani dell’era moderna” (Rapporto “World Watch”) e che “il calo costante è tale che molti cristiani temono che le loro chiese si trasformeranno in musei piuttosto che luoghi di culto” (Center for American Progress). Le soluzioni non sono semplici, ma pensiamo che la diplomazia possa fare molto di più, se le Cancellerie lo permetteranno: “isolare” dovrebbe essere la parola d’ordine. In primo luogo isolare il fanatismo omicida dell’Isis e similari sul piano dell’opinione pubblica mondiale con una reiterata condanna: nessuno giustifichi con le parole o con il silenzio! In secondo luogo, troncare ogni rapporto economico o geopolitico pubblico e, soprattutto, segreto: nessuno commerci con la vita umana! Se i Governi del mondo non avranno questa volontà e non decideranno di conseguenza, la diplomazia avrà sempre poco respiro».

MIGRANTI. «La realtà dei migranti, in questi ultimi tempi, ha tenuto desta e tesa l’attenzione dell’Europa intera. Siamo addolorati per la tragedia senza fine di tanta povera gente costretta a trasformare la vita in una fuga verso l’ignoto, prima lungo il deserto e sul mare per canali sconosciuti, e poi sulla terra ferma: “Sono uomini e donne come noi, fratelli nostri che cercano una vita migliore, affamati, perseguitati, feriti, sfruttati, vittime di guerra; cercano una vita migliore” (Papa Francesco, Regina coeli, 19.4.2015). Sono costretti a lasciare i propri Paesi che, per quanto devastati da guerre e violenze, persecuzioni e brutalità, carestie e miseria, costituiscono pur sempre la loro terra. Ancora una volta – nella storia – tocchiamo con mano l’abisso del cuore umano che arriva a speculare sulle miserie dei poveri e dei deboli; e, per cavare il massimo del profitto, aggrava le vessazioni e le torture dei miseri. Pensiamo con orrore agli “scafisti”, criminali dell’umanità, disposti a uccidere con lucida e cinica programmazione. Il nostro Paese ha fatto non poco attraverso le sue istituzioni politiche, civili e militari, anche se, a volte, tra non poche polemiche: ma quale alternativa non demagogica o peggio? È evidente che l’accoglienza umanitaria vada sempre accompagnata dalla legalità e dalla sicurezza di tutti; ed è evidente che all’accoglienza deve corrispondere coscienza e disponibilità. Finalmente, l’Europa sembra “aver dato un colpo”, quello che da anni si è atteso e forse si doveva pretendere: certe normative europee sembrano non tanto garantire il bene comune, ma piuttosto gli interessi di pochi. Il “colpo” dato, in verità, è flebile ma sembra riconoscere che i Paesi membri sul mare sono la porta di casa e quindi nessuno se ne può disinteressare. Esprime, dunque, una duplice coscienza: di ciò che l’Europa dice di voler essere – casa comune – e della tragedia umanitaria in atto che interpella il grado dell’ umanesimo europeo. Il segnale è dunque apprezzabile, ma avaro: basta pensare che nel 2014 furono impiegate in Italia risorse per 650 milioni, e per quest’anno sono stimati 800 milioni di euro. L’Unione Europea ne ha stanziati, per tutti i 25 Paesi membri, 60! La Chiesa italiana, attraverso le sue molteplici realtà, collabora e continua a collaborare in termini di strutture, organizzazioni, risorse, mantenendo la doverosa attenzione per tutti. Vogliamo qui ringraziare i sacerdoti, i consacrati, gli operatori, le comunità cristiane,  per la dedizione intelligente e fraterna. Il dramma globale dovrà essere affrontato con logiche più stringenti, concrete, tempestive, che prevedano interventi nei Paesi di provenienza per superare le cause di tanta fuga coatta, e per creare un quadro normativo chiaro e ordinato vincolante per tutti gli Stati membri, cosicché, nell’Europa moderna, le persone non si sentano né ingombri, né assistite».

LA SCUOLA. «Entra così in campo la scuola, istituzione che ha il compito di affiancare i genitori nell’arduo e affascinante compito educativo. Molto si è discusso sulla “buona scuola”, e le tensioni si sono manifestate sia sulla volontà di cambiamento, sia sulle forme e sui tempi. Dato l’argomento, il buon senso e la storia suggeriscono di trovare delle sintesi in tempi ragionevoli, magari distinguendo temi e obiettivi. Chi non ricorda, un anno fa, i 300 mila col Papa per un vero patto educativo, e per una buona scuola in Piazza San Pietro? Quella visione e quell’onda non sono scomparse. È l’onda di un popolo che è appassionato per il futuro del Paese, futuro che passa attraverso l’educazione delle giovani generazioni. Un popolo senza targhe, trasversale, grande più di quanto s’immagini, che non intende fare da spettatore su quanto accade o accadrà sulla pelle dei propri figli. Chiede una struttura più giusta e adeguata per sedi e organici, un’istruzione solida ed essenziale, una formazione professionale stimata e sostenuta; in una parola, un’educazione integrale per tutti, educazione di base che molti Paesi avanzati non hanno e ci invidiano, ma libera, lontana da schemi statalisti, antiliberali. Con il Papa diciamo no ad una scuola dell’indottrinamento, della “colonizzazione  ideologica”. Diciamo sì alla scuola libera, libera non perché sganciata dal sistema scolastico nazionale, ma perché scelta dai genitori, primi e insostituibili educatori dei loro figli. Sarebbe il tempo di attuare quanto previsto dalla legge 62/2000 a proposito del “sistema italiano della pubblica istruzione”, nel quale sia la scuola statale sia le scuole paritarie vengono riconosciute a pieno titolo pubblico servizio. In questa prospettiva, si giustifica il “bonus” per i genitori da utilizzare nella scuola prescelta».

IL GENDER. «È utile segnalare che, tra le modifiche approvate in Commissione al testo in questione, vi è quella che prevede l’insegnamento della parità di genere in tutti gli istituti. Una simile previsione sembra rappresentare l’ennesimo esempio di quella che Papa Francesco ha definito “colonizzazione ideologica: entrano in un popolo con un’idea che non ha niente a che fare col popolo; con gruppi del popolo sì, ma non col popolo, e colonizzano il popolo con un’idea che cambia o vuol cambiare una mentalità o una struttura” (Papa Francesco, Conferenza Stampa nel volo di ritorno dalle Filippine, 19.1.2015). Educare al rispetto di tutti, alla non discriminazione e al superamento di ogni forma di bullismo e di omofobia, è doveroso, lo abbiamo sempre affermato: rientra nei compiti della scuola. Ma l’educazione alla parità di genere, oggi sempre più spesso invocata, mira in realtà ad introdurre nelle scuole quella teoria in base alla quale la femminilità e la mascolinità non sarebbero determinate fondamentalmente dal sesso, ma dalla cultura».

UNIONI CIVILI, UTERO IN AFFITTO. «Abbiamo chiamato in causa la famiglia, perno insostituibile e incomparabile della società. Nell’orizzonte parlamentare va avanti il disegno di legge delle cosiddette “unioni civili e delle convivenze”. Il Concilio Vaticano II e il Magistero dei Pontefici hanno sempre ribadito che è dovere dei Vescovi dire una parola quando è in gioco il bene dell’uomo, soprattutto quando si toccano i fondamentali dell’umano: “Ogni minaccia alla famiglia è una minaccia alla società stessa” (Papa Francesco, Discorso a Manila, 16.1.2015). Già a Rio de Janeiro il Pontefice aveva ribadito che “non c’è vera promozione del bene comune, né vero sviluppo dell’uomo, quando si ignorano i pilastri fondamentali che reggono una Nazione, i suoi beni immateriali: la vita, che è dono di Dio, valore da tutelare e promuovere sempre; la famiglia, fondamento della convivenza e rimedio contro lo sfaldamento sociale” (Discorso, 25.7.2013). A proposito della sacralità della vita, il Santo Padre ha incoraggiato “ad intensificare la pastorale della famiglia (…) affinché, di fronte alla cultura disumanizzante della morte, diventi promotrice della cultura del rispetto per la vita in tutte le sue fasi, dal concepimento fino alla morte naturale” (Papa Francesco, Discorso ai Vescovi del Messico, 19.5.2014). Ancora una volta ricordiamo che non sono in questione le scelte individuali delle singole persone. Ribadiamo la dottrina della Chiesa circa le situazioni oggettive, viste non solo attraverso l’occhio della fede e della Rivelazione, ma anche con l’occhio della retta ragione e dell’esperienza universale, tanto che il Santo Padre è intervenuto molte volte e con grande chiarezza: “La famiglia è anche minacciata dai crescenti tentativi da parte di alcuni per ridefinire la stessa istituzione del matrimonio mediante il relativismo, la cultura dell’effimero, una mancanza di apertura alla vita” (id). E ancora: “L’individualismo postmoderno e globalizzato favorisce uno stile di vita che indebolisce lo sviluppo e la stabilità dei legami tra le persone, e che snatura i vincoli familiari” (Papa Francesco, EG 67). Di decisiva importanza è anche l’affermazione per cui oggi “Il matrimonio tende ad essere visto come una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno” (id 66). Ora, il testo di legge in questione ancora una volta conferma la configurazione delle unioni civili omosessuali in senso paramatrimoniale. Tale palese equiparazione viene descritta senza usare la parola “matrimonio”, ma in modo inequivocabile: “le disposizioni contenenti le parole ‘coniuge’, ‘coniugi’, ‘marito’ e ‘moglie’, ovunque ricorrano nelle leggi, nei decreti e nei regolamenti, si applicano anche alla parte della unione civile tra persone dello stesso sesso” (art. 3). Questa equiparazione riguarda anche la possibilità di adozione, che per ora si limita all’eventuale figlio del partner (art. 5). È evidente che – come è successo in altri Paesi – l’adozione di bambini sarà estesa senza l’iniziale limitazione. Così come è evidente, ancora alla luce di quanto accade altrove, che presto sarà legittimato il ricorso al cosiddetto “utero in affitto”, che sfrutta indegnamente le condizioni di bisogno della donna e riduce il bambino a mero oggetto di compravendita. Il desiderio della maternità o della paternità non può mai trasformarsi in diritto per nessuno. Si alimenta anche così la “cultura dello scarto”, categoria che tanto piace se applicata a certe situazioni, ma non a queste: “Occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con papà e una mamma, capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Continuando a maturare nella relazione, nel confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre, e così preparando la maturità affettiva (…) Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio. Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, pretesa la modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del pensiero unico” (Papa Francesco, Discorso alla Delegazione dell’Ufficio internazionale Cattolico dell’Infanzia, 11.4.2014). In altra occasione il Santo Padre ha ribadito che “questa complementarietà sta alla base del matrimonio e della famiglia” (Discorso alla Congregazione per la Dottrina della Fede, 17.11.2014). A Napoli il Papa disse che la cosiddetta “teoria del gender” è  uno “sbaglio della mente umana” (Discorso 21.3.2015) e successivamente ha espresso il dubbio “se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa confrontarsi con essa” (Papa Francesco, Udienza generale, 15.4.2015)».

DIVORZIO BREVE. «Un’ultima parola dobbiamo dirla sul “divorzio breve”. Si puntava sul “divorzio lampo” e su questo si ritornerà non appena i venti saranno propizi. Ma sopprimere un tempo più disteso per la riflessione, specialmente in presenza di figli, è proprio un bene? Si favorisce la felicità delle persone o si incentiva la fretta? “Quando si tratta dei bambini che vengono al mondo, nessun sacrificio degli adulti sarà giudicato troppo costoso e troppo grande pur di evitare che un bambino pensi di essere uno sbaglio” (Papa Francesco, Udienza generale, 8.4.2015)».

I MEDIA E PAPA FRANCESCO. «Tutti guardiamo con gratitudine all’alto Magistero del Santo Padre Francesco, qui riproposto in un contesto sociale e storico quanto mai bisognoso di essere illuminato e confermato nella via della verità e del bene.  Sembra però che a volte, certe parole del Papa, non in linea con il pensiero unico, siano selezionate e oscurate da chi ha altre parole da far valere e diffondere nella pubblica opinione».

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