«Ad Aleppo i ribelli ci tagliano acqua, elettricità, tutto. Ma la cosa peggiore è il freddo»

Di Leone Grotti
22 Gennaio 2015
La città è divisa in due e i ribelli concedono agli abitanti sotto il controllo del governo solo «un'ora di elettricità ogni 48 e l'acqua un giorno su sette». Intervista al medico siriano dei Maristi blu Nabil Antaki

aleppo-neve-siria-guerra

Nel dramma della guerra siriana che va avanti da quasi quattro anni, in una città divisa in due, proprio come Berlino prima della caduta del Muro, più delle bombe e i colpi di mortaio «che cadono ogni giorno», più che per la mancanza di acqua ed elettricità «che i ribelli [e i terroristi islamici] ci tagliano quando vogliono», gli aleppini soffrono per il freddo. «Ci mancava solo la neve», dichiara sconsolato a tempi.it Nabil Antaki (foto sotto a destra), medico e direttore di uno degli ultimi due ospedali funzionanti ad Aleppo. Antaki appartiene alla congregazioni dei Maristi blu, che conta tra i suoi membri sia laici che religiosi, e quando la guerra ha investito Aleppo nel maggio 2012 lui ha deciso di rimanere con la moglie. «La Siria è il nostro Paese, le nostre radici sono qui. È qui che possiamo fare il nostro dovere e rendere il nostro servizio».

Fino a pochi anni fa Aleppo era la seconda città più importante della Siria, la capitale economica del Paese, un grande centro commerciale. Che cos’è oggi?
Aleppo è divisa da luglio 2012 in due cerchi concentrici: il cerchio esterno, dove vivono circa 300 mila persone, è nelle mani dei gruppi armati (ribelli, al Qaeda, eccetera, ndr), mentre il cerchio interno è sotto il controllo dell’esercito governativo. Noi, come tutti i cristiani di Aleppo, viviamo nella parte interna che conta due milioni di persone, di cui 500 mila sono cittadini scappati dalla parte esterna. Ogni singolo giorno, da due anni e mezzo, ci sono scambi a fuoco, lanci di bombe e colpi di mortaio tra le due zone, con i conseguenti morti e feriti. Viviamo in condizioni estreme.

aleppo-antaki-siria-guerra3Ci spieghi meglio.
Tutte le centrali sono nelle mani dei ribelli. Ci forniscono acqua solo un giorno a settimana, l’elettricità solo un’ora ogni 48. Manca la benzina, il combustibile domestico, il gas, eccetera. La cosa peggiore però è il freddo. Quest’anno l’inverno è particolarmente duro,con temperature che variano da 0 ai 5 gradi e la gente non può scaldarsi perché mancano combustibile ed elettricità.

Ha anche cominciato a nevicare.
Sì, la neve ha peggiorato ancora di più le cose. Io e mia moglie, come tutti gli altri abitanti, soffriamo terribilmente il freddo.

Non è la prima volta che i ribelli vi privano dell’acqua, giusto?
Dal 23 dicembre, per una settimana, i ribelli hanno tagliato completamente acqua ed elettricità. Poi hanno ristabilito le forniture col contagocce, come ho già detto. Nel maggio 2014 hanno tagliato del tutto l’acqua per 70 giorni, spesso l’elettricità manca totalmente per diversi giorni. A fine 2013 hanno bloccato completamente gli accessi alla nostra parte di città: per tre mesi nessuno è potuto entrare o uscire da Aleppo, né le persone né le derrate alimentari.

aleppo-antaki-siria-guerra1Le sanzioni che anche l’Unione Europea applica alla Siria da anni influiscono sulla vostra vita di tutti i giorni?
Sì, le sanzioni hanno peggiorato di gran lunga la situazione. E non solo ad Aleppo, ma in tutta la Siria. Ci mancano molti prodotti, tra cui le medicine, per colpa delle sanzioni. Inoltre, i prodotti disponibili entrano spesso di contrabbando e questo ha fatto aumentare il costo della vita. In quattro anni di guerra, il prezzo dei prodotti essenziali è quadruplicato e questo ha impoverito la popolazione. Circa il 70 per cento dei siriani oggi vive sotto la soglia della povertà.

Quanti cristiani vivono ancora ad Aleppo?
Prima dello scoppio della guerra c’erano circa 140 mila cristiani. Oggi non siamo più di 70 mila, molti si sono rifugiati in Libano o in Occidente.

La Chiesa come si muove per aiutare la popolazione?
Le chiese locali orientali e soprattutto alcune Ong come la nostra, “I maristi blu di Aleppo”, aiutano i cristiani a sopravvivere fornendo loro sacchetti di cibo, vestiti, cure mediche e un riparo per le famiglie sfollate. La Chiesa universale chiede ai cristiani siriani, e di tutto l’Oriente, di non lasciare il Paese, culla del cristianesimo. Ma le associazioni caritative internazionali che dipendono dalla Chiesa non fanno abbastanza, o il loro aiuto non è ben distribuito o non è organizzato nel modo giusto.

aleppo-antaki-siria-guerraChi ha bisogno di aiuto?
Tutti. Noi aiutiamo sia cristiani che musulmani e le ong islamiche fanno lo stesso. Non chiediamo a nessuno se è cristiano o musulmano prima di aiutarlo. In questo modo preparo anche il futuro: la nostra azione infatti mostra la vera faccia dei cristiani, che non è quella propagandata dai gruppi estremisti.

Come avete passato il Natale?
Il Natale è stato un periodo di grande sofferenza per tutti gli aleppini, da una parte per il freddo e le privazioni, dall’altra perché l’abbiamo passato senza famiglie, parenti e amici, visto che la maggior parte di loro se n’è andata. Fortunatamente, ci sono stati molti concerti di Natale nelle chiese e questo ha reso le festività meno penose.

Dopo quattro anni di guerra, sperate ancora in una soluzione?
Il motto dei Maristi nel mondo e della nostra Ong di Aleppo è: “Semina la speranza”. Noi crediamo molto nella speranza cristiana e pensiamo che la Luce scaturirà dalle tenebre. Ma, in realtà, non c’è niente dal punto di vista militare, diplomatico o politico che ci spinga ad essere ottimisti.

@LeoneGrotti

Articoli correlati

7 commenti

  1. Raider

    I complottisti e Blondet accusano l’Occidente di tutto e il contrario di tutto, cioè, paranoicamente: in particolare, secondo dogmi pressoché coranici, l’Occidente
    – ha armato i ribelli anti-sovietici in Afghanistan, poi talebanizzati e perciò, se i talebanio hanno presso il potere, la colpa è dell’Occidente;
    – l’Occdeinte arma e istruisce nelle tecniche anti-guerriglia l’esercito regolare nigeriano, ma anche Boko Haram;
    – lo stesso per i ribelli anti-Assad, che, poi, però, se rivolgono le armi contro i Sauditi che li foraggerebbero, sono “sfuggiti di mano” e ritornano di bel nuovo indomiti combattenti anti-imperialisti;
    – se l’Occidente non interviene massicciamente contro i ribelli anti-Assad e contro l’Isis, le ragioni possono essere tante, condivisibili o meno: non voler affossare gli spiriti ‘primaverili’ dell’amministrazioone Obama; la difficoltà per le opinioni pubbliche di accettare ulteriori impegni bellici, specie dopo quello che è successo in Libia, col rischio, peraltro di vedere gli islamici installatisi a casa nostra fare fuoco e fiamme in ogni città; l’accusa cui si esporrebbero i nostri governi di sostenere un regime oppressivo come quello di Assad: né mancherebbe ai paranoici complottisti trovare sfilze di dietrologie per negare o offuscare l’evidenza;
    – l’Occidente, US.A. in testa – con BiIl Clinton, in particolare, quando l’Europa assisteva senza troppi patemi d’animo al jihad che il regime ispirato dal fondamentalista al Turabi conduceva indisturbato, con una determinazione degna delle tradizioni islamiche arabo-turche – hanno sostenuto i ‘turpi’ indipendentisti cristiani e animisti del Sud Sudan contro la dittatura della sharya, perché? Per impossesrasi del petrolio, che, però, si pappano i cinesi, in primis;
    – nessuna lamentela complottista per l’opera di islamizzazione condotta nel Corno d’Africa, andando dall’Etiopia all’Eritrea al Kenya; anzi, gli Shaabab, islamici che impongono la sharya né più né meno dei Boko Haram, sarebero vittime dell’aggresione occidentale!;
    – Hamas che approva la strage di Parigi e l’Autorità palestinese che elogia un attentatore solitario che aggredisce a coltellate la gente su un autobus solo perché israeliana, non sono addebitati all’Occidente, benchè agiscano come i loro correligionari in ogni parte del mondo in cui gli islamci si sentono oppressi dall’Occidente in cui emigrano e da vignette che in pochissimi hanno visto;
    – ancora, tuttavia, non è venuto fuori alcun complotto per le guerriglie condotte dal Fronte Moro e da Abu Sayyaf nelle Filippine, dalla rivolta cristiana che ha portato all’indipendenza dell’ex Timor Est, dai pogrom anti-cristiani in Indonesia, dalla guerriglia delle province islamiche della Thailandia: lontano dagli scenari medio-orientali, ma tutte sotto l’egida del Corano, condotte da un Islam combattente che non ha bisogno di sponsor procuratigli dai complittisti paranoici per scelta ideologica.
    Blondet oscilla da un manicheismo anti-americano, che non è secondo a quello islamico, a un anti-islamismo o perlomeno, un atteggiamento di difesa dell’Occidente cristiano piuttosto critico con i cedimenti ‘dialoganti’ a vuoto e migratori all’Islam. Non è una scissione ideologica, non ancora, chissà che aspetta Blondet per passare armi polemiche e bagagli retorici dalla parte dei suoi “fratelli in Abramo”; ma nei complottisti che citano lui e le sue opinioni, valide quanto quelle del primo mentecatto-islamista o degli habitué di madrasse del politicamente corretto, la scissione si è fissata in una forma di paranaoia che, reso il dovuto omaggio alle “derive nichiliste dell’Occidente”, li fa accorrere su “Tempi it.” solo e unicamente per seminare zizzania pro-islamica “senza se e senza ma.”

  2. Y_Leo

    Come se non bastasse il Pentagono ha fatto sapere che invierà altri 400 addestratori militari (oltre a quelli che già sono sul campo da tre anni) per formare al combattimento qualcosa come 5400 ribelli anti-Assad (i cosiddetti ribelli e miliziani “moderati”) ogni anno, per almeno tre anni, in corsi di sei-otto settimane.
    Come ci informa il giornalista Maurizio Blondet in un suo recente articolo “Il Pentagono combatte i terroristi. Addestrandoli” :
    “gli americani avranno cura di selezionare per l’addestramento esclusivamente terroristi islamici moderati, non come quelli di prima: è accaduto ripetutamente che dopo essere armati ed addestrati, i ribelli si univano al Califfato. Ultima, in ordine di tempo, la brigata ‘moderata’ Al Yarmuk Shuhada, duemila guerriglieri armati e formati dalla CIA ed ufficiali americani in Giordania, appoggiati dall’armata israeliana che li ha curati nei suoi ospedali, e – disdetta – si sono uniti anche loro alle file dello Stato Islamico, portando tutto l’armamento americani, i veicoli e l’equipaggiamento ricevuto. E chi l’avrebbe mai detto?”

  3. Claudio

    Ma questi sono quelli che le nostre Greta e Vanessa andavano ad aiutare?

    1. Stefano

      Proprio così, quelli che vengono definiti i “resistenti”!

I commenti sono chiusi.